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Licenziamento per sospetto abuso dei permessi 104: il Tribunale annulla il provvedimento e dispone il reintegro del dipendente

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| Phersei | News

A proposito della sentenza del Tribunale di Venezia – 23 giugno 2025

 

La recente pronuncia della giudice del lavoro Margherita Bortolaso, depositata il 23 giugno 2025 presso il Tribunale di Venezia, solleva un punto centrale nella prassi investigativa aziendale: il rischio di basare un licenziamento esclusivamente su strumenti di localizzazione elettronica, senza una contestuale verifica operativa sul campo. Il caso ha riguardato un dipendente della Coop Alleanza 3.0, licenziato per presunto abuso dei permessi legge 104/1992 sulla base di tracciamenti GPS. Il Tribunale ha ritenuto il provvedimento illegittimo, sottolineando l’assenza di un sospetto fondato e dichiarando le prove raccolte “censurabili” e “giuridicamente inutilizzabili”.

Da quanto si è potuto apprendere dagli articoli di stampa, le vicende raccontano che nel 2024, l’azienda – notando presunte incongruenze nell’utilizzo dei permessi 104 – ha incaricato un’agenzia investigativa di monitorare i movimenti del dipendente attraverso un sistema GPS installato sull’auto. Dall’indagine è emerso che, nei giorni di permesso, l’uomo non si recava a casa della madre. Tuttavia, in sede giudiziaria è stato dimostrato che quei giorni erano stati impiegati per effettuare lavori di messa in sicurezza dell’abitazione della madre (installazione di una grata, realizzazione di una casetta per la sedia a rotelle), pienamente coerenti con le finalità assistenziali previste dalla normativa. Il licenziamento, avvenuto il 3 luglio 2024, è stato dunque annullato. Il Tribunale ha disposto il reintegro del lavoratore, il pagamento degli stipendi arretrati e un risarcimento per spese legali.

Come agenzia investigativa, riteniamo importante sottolineare che il localizzatore GPS è uno strumento di supporto, non un sistema di prova autosufficiente. I dati raccolti tramite GPS – per loro natura – non possono raccontare il “perché” di un comportamento, ma solo il “dove”. Se utilizzati isolatamente, offrono una rappresentazione parziale e ambigua dei fatti. In questo caso, la scelta di basare il procedimento esclusivamente sul tracciamento ha indebolito l’impianto probatorio, rendendo l’intera attività di sorveglianza vulnerabile sotto il profilo giuridico.

L’attività investigativa, per essere realmente efficace, deve prevedere un’integrazione tra tecnologie di sorveglianza e accertamenti sul campo svolti da operatori qualificati. È proprio il confronto tra i dati elettronici e l’osservazione diretta che consente di costruire una documentazione solida, contestualizzata e giuridicamente difendibile. Affidarsi a un solo strumento – per quanto tecnologicamente avanzato – significa depotenziare l’efficacia dell’intervento e rischiare conseguenze economiche e reputazionali.

Il nostro ruolo, come agenzia autorizzata, è quello di affiancare le aziende con strumenti adeguati e metodologie proporzionate, affinché ogni indagine sia condotta nel pieno rispetto della normativa vigente, ma anche con il rigore necessario per essere considerata attendibile in sede giudiziaria.

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