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Utilizzo dell'auto aziendale per scopi personali: cosa si rischia?

uso dell'auto aziendale per scopi personali
| Luca Lampis | Investigazioni Aziendali

L’uso dell’auto aziendale per scopi personali è una pratica diffusa, soprattutto quando il veicolo è concesso in uso promiscuo. Si tratta di un benefit aziendale molto apprezzato, che consente ai dipendenti di disporre di un mezzo non solo per lo svolgimento delle mansioni lavorative, ma anche per esigenze private. Tuttavia, questa opportunità porta con sé rischi e responsabilità che non devono essere sottovalutate.

Negli ultimi anni, la giurisprudenza e la normativa fiscale italiana hanno definito con maggiore chiarezza i limiti e le sanzioni connesse a un utilizzo improprio, arrivando a stabilire che un abuso dell’auto aziendale può comportare persino il licenziamento per giusta causa.

In questo approfondimento analizziamo il quadro completo: dalla definizione di uso promiscuo alle responsabilità in caso di incidenti e sanzioni disciplinari.

Auto aziendale ad uso promiscuo: significato e differenze

Un’auto aziendale ad uso promiscuo è un veicolo assegnato a un dipendente affinché possa utilizzarlo sia per ragioni di lavoro che per esigenze personali. È una soluzione comune per dirigenti, rappresentanti e professionisti che devono spostarsi frequentemente per lavoro ma che possono anche usare lo stesso mezzo nel tempo libero.

È importante distinguere questa fattispecie da altri casi:

  • l’uso esclusivamente aziendale, in cui l’auto è utilizzabile solo per attività professionali e durante l’orario di lavoro;

  • l’uso esclusivamente privato, meno frequente, in cui l’azienda concede al dipendente un veicolo come benefit personale senza obbligo di utilizzo lavorativo;

  • le auto in pool o car pooling, cioè mezzi condivisi tra più dipendenti e utilizzabili solo per motivi aziendali, che non rientrano nell’uso promiscuo.

Questa distinzione è rilevante perché implica differenze fiscali, contrattuali e di responsabilità legale.

Chi può guidare l’auto aziendale

Il contratto di assegnazione è lo strumento che disciplina nel dettaglio chi può condurre il veicolo. Nella maggior parte dei casi, il dipendente assegnatario è l’unico autorizzato. Alcune aziende, però, prevedono la possibilità che anche i familiari stretti (come coniuge e figli) possano guidarla.

Se non esiste una clausola esplicita, è vietato cedere l’uso dell’auto a terzi. Inoltre, per ragioni assicurative, possono essere imposte ulteriori limitazioni (età minima dei conducenti, divieto di modifiche al veicolo, obblighi di manutenzione periodica).

Responsabilità in caso di incidenti o infrazioni

Uno degli aspetti più delicati dell’uso promiscuo dell’auto aziendale riguarda la ripartizione delle responsabilità in caso di sinistri o multe.

Incidenti

Il dipendente è responsabile dei danni se ha agito con dolo o colpa.

La giurisprudenza distingue tra:

  • colpa lieve, con risarcimento simbolico;

  • colpa media, con risarcimento fino a un salario mensile;

  • colpa grave, con risarcimento integrale.

In caso di lesioni gravi o morte di terzi, la responsabilità può diventare anche penale.

Il datore di lavoro risponde invece se l’incidente è legato a scarsa manutenzione o difetti del veicolo. Ogni auto aziendale è coperta da una polizza RC Auto di flotta, che tutela i danni a terzi, ma non sempre copre i danni al veicolo stesso.

Multe e sanzioni

Le multe vengono recapitate all’azienda, ma la responsabilità pecuniaria grava anche sul conducente. In pratica, se l’infrazione è imputabile al lavoratore, il costo può essere addebitato direttamente a lui.

Infrazioni particolarmente gravi, come la guida contromano in autostrada, possono minare la fiducia tra azienda e dipendente e persino giustificare un licenziamento immediato.

Uso improprio e rischio di licenziamento

Uno degli scenari più severi è quello del licenziamento per giusta causa dovuto a un uso improprio dell’auto aziendale.

La posizione della Cassazione

Con l’ordinanza n. 3607/25 del febbraio 2025, la Corte di Cassazione ha ribadito la legittimità del licenziamento di un dipendente che aveva utilizzato l’auto aziendale per fini personali durante l’orario di lavoro.

Secondo i giudici, tale comportamento configura:

  • violazione del contratto di lavoro;

  • falsa presenza in servizio;

  • sottrazione di ore lavorative;

  • danno economico per l’impresa;

  • rottura del vincolo fiduciario.

Controlli e investigazioni aziendali

Le aziende hanno il diritto di ricorrere alle investigazioni aziendali di agenzie investigative per accertare l’uso improprio del veicolo, purché rispettino limiti precisi:

  • controlli esclusivamente su comportamenti illeciti;

  • osservazioni svolte in luoghi pubblici;

  • proporzionalità tra gravità del sospetto e intrusività dell’indagine.

La Cassazione ha chiarito che non si tratta di violazione della privacy, poiché l’attività di controllo avviene in contesti pubblici.

Il contratto di assegnazione: cosa deve prevedere

Un contratto di assegnazione ben strutturato riduce al minimo i rischi di contestazioni.

Gli elementi fondamentali includono:

  • dettagli del veicolo (marca, modello, targa);

  • specifica dell’uso promiscuo;

  • obblighi di custodia da parte del dipendente;

  • divieti di utilizzo da parte di terzi, salvo autorizzazione;

  • responsabilità per manutenzione e multe;

  • definizione del fringe benefit e relativa tassazione.

La sottoscrizione del contratto implica l’accettazione da parte del dipendente delle regole fissate dall’azienda.

Conclusione

L’uso dell’auto aziendale per scopi personali rappresenta un benefit molto apprezzato ma regolato da norme precise e rigide.

Per i dipendenti, i rischi vanno dalle multe alle responsabilità civili e penali in caso di incidenti, fino alla possibilità concreta di licenziamento per giusta causa. Per i datori di lavoro, invece, la gestione corretta passa attraverso contratti di assegnazione chiari monitoraggio dell’uso.

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